Negli Stati Uniti, migliaia di istituzioni accademiche si sono rivolte a società che hanno sviluppato software di sorveglianza di massa per la didattica a distanza, già adottate dalle università anglosassoni.Si tratta di programmi “Proctor” che vigilano sulla regolarità degli esami, verificano che gli studenti non imbroglino i professori, sorvegliano tutti i ragazzi contemporaneamente monitorando i movimenti sospetti degli occhi e del capo, se toccano il mouse, se c’è qualche altro programma o sito web sullo schermo del computer (es. la calcolatrice), se si sente una voce nella stanza, se uno ha fatto finta quando ha detto che la connessione non andava e non sentiva le domande. 

L’intelligenza artificiale viene utilizzata per trasformare la didattica a distanza in uno strumento coercitivo andando oltre la premessa fondamentale che la qualifica come un altro approccio didattico con lo scopo di appassionare i ragazzi allo studio, proprio sfruttando le loro competenze digitali, e dar loro la consapevolezza dell’immenso potere della conoscenza e del sapere.

Sarà bene, per non correre rischi del genere nel nostro Paese, riflettere che il problema della didattica a distanza non è che i ragazzi possano imbrogliare gli insegnanti, ma che questi comprendano la potenzialità che la DaD rappresenta per una diversa dinamica relazionale tra insegnamento e apprendimento, interessando straordinariamente un ambiente di formazione che intercetta il formale, il non formale e l’informale.

 

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