Ha sorpreso e fa discutere il caso dell’allieva con disabilità, allieva di un liceo linguistico di Roseto degli Abruzzi, ammessa a frequentare le lezioni in presenza insieme ad un gruppetto di compagni, così da garantirle una situazione di reale inclusione scolastica. Si è arrivati a questo risultato superando la generica indicazione di garantire la frequenza dei soggetti con disabilità, per dare significativa interpretazione al concetto di “reale inclusione” come chiarito anche dalle disposizioni del 5novembre, in cui il Ministero ha cercato di ricucire lo strappo prodotto dal DPCM del 3 novembre, ricordando che il piccolo gruppo, coerente con il modello pedagogico inclusivo, previo consenso delle famiglie, deve essere formato da: alunni con disabilità, con bisogni educativi speciali, con criticità di apprendimento in modalità online, con difficoltà derivanti da situazioni di “digital divide” non altrimenti risolvibili, da alunni figli di personale sanitario (medici, infermieri, OSS, OSA…) e da figli di personale impiegato presso altri servizi pubblici essenziali. La determinazione della madre dell’allieva, testimone dei patimenti della figlia durante la lunga fase del lockdown della scora primavera, a richiedere una soluzione diversa rispetto alla semplice frequenza, ha visto la solidarietà di cinque suoi compagni disposti a frequentare la scuola insieme a lei.
Si apre, quindi un nuovo fronte di riconoscimento del diritto all’inclusione degli studenti con fragilità. Molte scuole, infatti, consentono la frequenza in classe ai soli allievi con disabilità e ai soli insegnanti di sostegno, in qualche modo ricreando la situazione delle vecchie classi differenziali.
Ancora una volta assistiamo a una spinta al cambiamento che proviene dal basso costringendo l’istituzione ad una maggiore chiarezza nella disposizione delle norme, con la semplice esortazione alle scuole di farsi rispettose delle norme emanate.






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