In una intervista riportata da “Il fatto quotidiano”, Barbara Mapelli, docente di pedagogia delle differenze all’Università Bicocca di Milano, riflette sulla femminilizzazione della scuola italiana, un fenomeno cominciato negli anni Sessanta e che non sembra arrestarsi. Secondo gli ultimi dati, le donne rappresentano il 79% del corpo docente; percentuale che sale fino a quasi il 100% nelle scuole dell’infanzia, al95% nella scuola primaria e all’85%nella scuola secondaria di primo grado. La situazione cambia un po’ nella scuola secondaria di secondo grado dove le professoresse rappresentano in media il59% del totale anche se le percentuali variano in base al tipo di istituto; ad esempio, si sale all’85% nei licei pedagogici.
La conseguenza di questa femminilizzazione, sostiene Marelli, “è che vengono meno figure maschili autorevoli di riferimento che sarebbero importanti per i bambini e per i ragazzi che in genere hanno come unico parametro il padre, spesso assente. Inoltre molti di loro vivono la scuola come un luogo di donne, dalle quali mantengono un certo distacco e diffidenza. Questo crea un allontanamento verso la cultura in generale che viene identificata come femminile. Il fenomeno ha conseguenze disastrose: gli uomini leggono meno, vanno meno a teatro e al cinema, rendono meno a scuola in termini di voti e si laureano meno delle donne”. Secondo l’Istat quasi il 40% delle studentesse si impegna molto nello studio contro il 25% degli studenti. Tra i maschi è piú diffuso l’impegno solo per ottenere la sufficienza – il 21 % rispetto al 14 % delle femmine – ed è piú alta la quota degli iscritti ai corsi di recupero alla scuola secondaria di secondo grado (il 33 circa degli studenti contro il 26 circa delle studentesse)”.
 

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