Il regolare svolgimento del procedimento di valutazione degli studenti
Editoriale di Anna Armone
Direttore Responsabile
Il termine dell’anno scolastico coincide con l’emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo della valutazione degli apprendimenti di alunni e studenti. È proprio questo aspetto, esclusivamente giuridico, che bisogna porre all’attenzione dei docenti, non per una sorta di azione intimidatoria, ma perché rappresenta il confine della legittimità dell’azione amministrativa di cui il dirigente scolastico è garante.
Sono, pertanto, applicabili tutti i principi regolativi dell’azione amministrativa, anche se bisogna tenere presente che il docente, di fatto, quando svolge la sua attività, utilizza un sistema decisionale basato in parte sugli adempimenti formali e in parte su scelte di tipo tecnico (pedagogici, disciplinari, valoriali). La valutazione degli apprendimenti è la manifestazione più evidente dei principi richiamati. Si tratta di un procedimento amministrativo, cioè di un’azione già definita dalle norme, in particolare dal d.p.r. 122/2009 (e successivamente dal d.lgs. 62/2017), che ha fissato le tappe principali di tale attività, definendo gli elementi necessari affinché l’azione amministrativa sia legittima, cioè conforme a norme di legge. Parimenti, il comma 2 dell’art. 1 del d.lgs. 62/2017 recita “La valutazione è coerente con l’offerta formativa delle istituzioni scolastiche, con la personalizzazione dei percorsi e con le Indicazioni Nazionali per il curricolo e le Linee guida di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, n. 88 e n. 89; è effettuata dai docenti nell’esercizio della propria autonomia professionale, in conformità con i criteri e le modalità definiti dal collegio dei docenti e inseriti nel piano triennale dell’offerta formativa”.
Uno dei problemi emergenti nel corso dell’attività scolastica è il contenzioso relativo alla valutazione degli apprendimenti.
La valutazione soggiace, dunque, ai criteri dell’azione amministrativa, primo fra tutti la trasparenza, disciplinata dalla Legge 241/1990. La scuola fa parte della Pubblica Amministrazione e, in quanto tale, deve rispettare tale principio. Una Circolare ministeriale, la n. 349 del 1998, recitava testualmente “Occorre, ovviamente, fare salvo il principio inderogabile di apprestare nella scuola una documentazione che offra possibilità di ricostruire gli iter procedurali e decisionali seguiti nello svolgimento dell’attività didattica, al fine di rispondere ai principi di trasparenza e visibilità dell’azione sanciti dalla legge 241/90”. Ecco, dunque, che l’esercizio stesso della discrezionalità deve soggiacere al principio di trasparenza. La discrezionalità può essere amministrativa o tecnica.
La discrezionalità tecnica è una particolare forma di discrezionalità che ricorre quando l’esame di fatti o situazioni rilevanti per l’esercizio del potere pubblico necessiti del ricorso a cognizioni tecniche o scientifiche di carattere specialistico, caratterizzate da margini di opinabilità, proprio come accade per l’esercizio della professione docente.
Nell’esercizio di tale potere non si tende a comparare l’interesse pubblico primario con interessi secondari, ma a compiere una valutazione dei fatti. Alla base di tale giudizio vi sono i canoni scientifici e tecnici, il cui uso non è finalizzato alla scelta della soluzione più opportuna per l’interesse da perseguire.
Riconduciamo, dunque, tale ragionamento allo svolgimento dell’attività didattica, implicante valutazione delle conoscenze acquisite dagli allievi e giudizio finale sull’idoneità dei medesimi ad accedere al livello superiore del corso di studi seguito.
Nella fase valutativa l’esercizio della discrezionalità tecnica deve rispondere ai dati concreti, deve essere logico e non arbitrario. Proponiamo una breve ricostruzione della sindacabilità degli atti discrezionali.
Appare superato il principio della sindacabilità degli atti discrezionali tecnici sul piano del controllo solo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito, dovendo invece tale giudizio estendersi all’attendibilità delle operazioni tecniche effettuate, con possibile eccesso di potere giurisdizionale solo quando l’indagine del giudice di legittimità si sia estesa alla opportunità o alla convenienza dell’atto, con oggettiva sostituzione della volontà dell’organo giudicante a quella dell’Amministrazione competente in materia, quando la valutazione dell’Amministrazione sia nell’ambito della attendibilità. Originariamente si era partiti dall’assoluta insindacabilità giurisdizionale di tutti gli atti adottati nell’esercizio della discrezionalità tecnica. L’evoluzione ermeneutica aveva ammesso la possibilità di effettuare un sindacato sugli atti amministrativi in esame, limitato alla rilevazione dei soli vizi di eccesso di potere. Dottrina e giurisprudenza hanno superato questa posizione. Si è infatti osservato che l’attività espressione della discrezionalità tecnica non implica alcun apprezzamento dell’interesse pubblico, con la conseguenza che essa non può essere riferita al merito dell’azione amministrativa (come accade nell’esercizio della discrezionalità amministrativa). Pertanto, l’esercizio della discrezionalità tecnica si risolve in un giudizio opinabile della PA; essa può verificare direttamente l’attendibilità delle operazioni tecniche compiute dalla PA sotto il profilo della correttezza dei criteri utilizzati e dei procedimenti applicati. Nel caso della valutazione scolastica il riferimento è ai criteri valutativi e alla correttezza del procedimento.
Il sindacato del giudice amministrativo diventa un sindacato intrinseco, prevedendo, la Legge 205/2000, l’ammissibilità della consulenza tecnica nel processo amministrativo.
Il profilo che ci interessa è, dunque, il corretto esercizio, o meno, della c.d. discrezionalità tecnica, ovvero, dell’apprezzamento effettuato dall’Amministrazione sulla base di discipline tecnico-scientifiche, riconducibili allo svolgimento dell’attività didattica, implicante valutazione delle conoscenze acquisite dagli allievi e giudizio finale sull’idoneità dei medesimi ad accedere al livello superiore del corso di studi seguito.
In ordine a tale apprezzamento, insindacabile nel merito, la cognizione del giudice amministrativo ha subito nel corso degli anni, come abbiamo già detto, una significativa evoluzione, a partire dalla decisione del Consiglio di Stato, sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601 (con successivo indirizzo giurisprudenziale) che ha evidenziato come spetti a detto giudice - anche in base al principio, di rilievo comunitario, della effettività della tutela - una piena cognizione del fatto, secondo i parametri della disciplina in concreto applicabile.
Nell’ambito del giudizio di legittimità non può infatti non essere valutata, anche attraverso idonea consulenza tecnica, l’eventuale erroneità dell’apprezzamento dell’Amministrazione, ove tale erroneità sia in concreto valutabile (cfr. in tal senso Consiglio di Stato, sez. VI, 4 dicembre 2009, n. 694); ai fini anzidetti, appare censurabile ogni valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di esattezza o attendibilità, quando non appaiano rispettati parametri tecnici di univoca lettura (cfr. in termini Consiglio di Stato, sez. IV, 13 ottobre 2003, n. 6201).
Questa nuova interpretazione giurisprudenziale tende ad assicurare una tutela piena, in coerenza con gli articoli 24, 111 e 113 Cost , nonché 6, par.1, CEDU. È quindi necessario che la pretesa fatta valere in giudizio trovi, “se fondata, la sua concreta soddisfazione” (cfr. Corte costituzionale, 1 aprile 1982, n. 63), che il giudice abbia una giurisdizione piena (abbia, cioè, il potere di valutare sia le questioni di fatto che di diritto (cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo, Albert et Le Compte c. Belgio, par. 29, 10 febbraio 1983), che il controllo giurisdizionale su un atto amministrativo non sia limitato alla compatibilità di esso con l’oggetto e lo scopo della norma attributiva del potere (cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo, Obermeier c. Austria, par. 70, 28 giugno 1990).
In base ai principi generali sopra sintetizzati appare di assoluta evidenza la delicatezza del sindacato giurisdizionale in materia di valutazioni scolastiche, indirizzate non a selezionare i più meritevoli in base a parametri preordinati, come nelle prove concorsuali, ma a garantire un’efficace formazione dei giovani, secondo le finalità proprie dell’istruzione pubblica. Correlativamente l’interesse degli allievi e dei genitori, esercenti la patria potestà, deve identificarsi non nel perseguimento in ogni caso della cosiddetta promozione, ma nel corretto esercizio della potestà pubblica, finalizzata alla migliore possibile formazione culturale degli studenti.
È solo attraverso l’applicazione del principio di trasparenza in tutte le fasi del procedimento valutativo che si può attivare un processo deflattivo, supportando con la motivazione ogni step valutativo intermedio e finale. Durante l’intero processo la famiglia deve essere informata e coinvolta affinché faccia la sua parte nell’attività di apprendimento del proprio figlio. E la partecipazione, si sa, è per sua natura deflattiva.
Il risarcimento del danno costituisce, del resto, nulla più che uno strumento di tutela di cui il giudice amministrativo dispone in aggiunta a quello classico demolitorio (cfr. Corte Cost. n. 204/04), ed incontra pertanto i medesimi limiti, quanto ai mezzi di prova ammissibili, della giurisdizione cui accede
Venendo quindi alle doglianze afferenti il complessivo giudizio di non ammissione dello studente alla classe successiva, va innanzitutto ricordato che, secondo un costante orientamento giurisprudenziale dal quale il collegio non ritiene di doversi discostare, la valutazione degli studenti da parte del consiglio di classe costituisce l’espressione di un giudizio sulla loro preparazione frutto di un apprezzamento discrezionale di carattere tecnico didattico, non sindacabile se non sotto il profilo della illogicità o contraddittorietà (fra le molte, cfr. Cons. Stato n. 68/04).
Veniamo al contenuto di questo numero della rivista. Iniziamo con l’articolo di Vanna Monducci che affronta il tema della leadership dirigenziale, offrendo, nell’incipit, una breve panoramica della visione comunitaria della leadership a scuola. Emerge con chiarezza l’attuale configurazione organizzativa della scuola che presenta contraddizioni e vuoti regolativi nelle relazioni interorganiche, sanabili solo attraverso una rivisitazione complessiva dell’assetto degli organi collegiali, attraverso una riscrittura, da anni auspicata, del Testo unico sulla scuola.
Angelo Mari ricompone il sistema territoriale di prossimità dell’istruzione, analizzando il ruolo delle regioni a seguito della sentenza n. 223 del 2023 che ha riconosciuto la legittimità delle indicazioni sul dimensionamento. L’intervento legislativo si è attivato a seguito del cambiamento della struttura socio demografica, dell’introduzione delle note riforme amministrative e costituzionali e dell’influenza esercitata sul nostro sistema dall’Unione europea, dettando nuove regole per ottimizzare la dimensione delle istituzioni scolastiche. Sullo sfondo l’autonomia scolastica, con i suoi confini permeati dall’intervento legislativo dello Stato.
Renato Loiero fa il punto sulla spesa del PNRR nell’ambito dell’istruzione. Il regolamento (UE) n. 2021/241 del 12 febbraio 2021 ha istituito il dispositivo per la ripresa e la resilienza, prevedendo di attuare, tra le altre, le riforme e gli investimenti a favore della prossima generazione, dell’infanzia e dei giovani, reputate essenziali per promuovere l’istruzione e le competenze, comprese quelle digitali, e le politiche di investimento nell’accesso e nelle opportunità per l’infanzia e i giovani in relazione all’istruzione, alla salute, alla nutrizione, al lavoro e all’alloggio, e alle politiche che colmano il divario generazionale in linea con gli obiettivi della garanzia per l’infanzia e della garanzia per i giovani. L’autore fa un’analisi approfondita delle difficoltà incontrate in fase di progettazione e realizzazione, mettendo in evidenza, altresì, gli interventi correttivi e a sostegno messi in atto dal Governo.
Maria Grazia Accorsi ricompone un quadro davvero completo e articolato della cultura della sicurezza a scuola e della necessità della sua promozione. La tematica viene affrontata in tutti gli aspetti che riguardano situazioni generative di pericolo sul luogo di lavoro. Come afferma l’autrice “Ogni scuola viene considerata un luogo di lavoro soggetto a specifici pericoli fisici e ambientali, sia emergenziali (incendi, terremoti, collassi strutturali, ecc.) che comportamentali nell’uso degli spazi, degli strumenti e delle attrezzature; nella scuola deve essere garantita la prevenzione e la gestione dei rischi legati all’ambiente di vita, alla sicurezza delle persone, dell’ecosistema e delle risorse, quali l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, l’uso delle risorse naturali e altro ancora”. L’approfondimento riguarda altresì il mondo della tecnologia, ma anche i comportamenti concretamente violenti assunti da genitori e studenti. L’articolo si conclude con una proposta di coinvolgimento degli stessi studenti in attività di ricerca sul tema della sicurezza, calata nella propria scuola.
Mario Maviglia entra dentro l’indagine ispettiva descrivendone fasi, procedure ed effetti. In particolare, l’autore parte dalle modalità di conferimento dell’incarico che costituisce la base dell’indagine e ne determina la qualità. L’azione dell’ispettore è tanto più facilitata, trasparente ed efficace, quanto l’incarico è chiaro ed esaustivo nelle indicazioni. L’autore sviluppa, altresì le fasi procedimentali più importanti dell’azione ispettiva, in particolare la fase dell’iniziativa con l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento. Il quadro che ne deriva evidenzia l’endemica insufficienza del corpo ispettivo, che, ad oggi, non riesce a coprire tutte le aree di competenza sia nella vera e propria fase ispettiva che nella fase peritale giurisdizionale.
Alessia De Pasquale propone gli esiti di una ricerca e una serie di interviste sul coinvolgimento educativo dei bambini e dei ragazzi sul tema della tutela degli animali, in un’ottica educativa antispecista. Si tratta certamente di una tematica che sta venendo alla ribalda anche dei media, considerato l’interesse dei giovani a tutti gli aspetti di tutela del pianeta, compresa l’attenzione agli effetti negativi e importanti degli allevamenti intensivi. L’articolo si snoda sullo sfondo di iniziative legislative in materia assai contrastate dall’opinione pubblica, anche scolastica, attenta alla tematica.
Con Fernando Virone affrontiamo il tema “INTELLIGENZA ARTIFICIALE e mondo del lavoro. Opportunità, rischi e strumenti di governance”. La complessità tematica affrontata emerge in tutti i passaggi concettuali dell’articolo. Ne citiamo alcuni fondamentali nella ricostruzione del tema. Le proprietà senza le quali un sistema non può dirsi dotato di intelligenza: l’adattatività, cioè la capacità di migliorare le proprie prestazioni imparando dall’esperienza e l’autonomia, cioè la capacità di svolgere compiti in ambienti complessi senza l’assistenza costante di un utente umano. Il secondo passaggio determinante, che fa da filo conduttore nella seconda parte del pezzo è l’analisi dei rischi che “il legislatore europeo ha addirittura elevato il rischio a criterio principale per la classificazione dei sistemi e delle applicazioni di Intelligenza Artificiale”. Tema complesso, carico di interrogativi giuridici ed etici, che però, come dice l’autore bisogna affrontare, rischi compresi.
Ivana Summa affronta il tema delle competenze linguistiche che richiedono l’adattività al nuovo scenario dell’ Intelligenza Artificiale. L’autrice analizza la tematica alla luce di tesi ed esperienze diverse, richiamando grandi linguisti anche internazionali. Tra i grandi studi sulla materia, cita le 10 tesi del 1975: la scuola della Costituzione, l’educazione linguistica democratica, l’educazione plurilingue e interculturale, la formazione iniziale e continua di tutti gli insegnanti, la didattica adeguata ad una società che comunica con una pluralità di linguaggi.
Federica Marotta approfondisce la lettura della Sentenza del T.A.R. - Tribunale Amministrativo Regionale - numero 76/2024, nella quale viene trattata la tematica riguardante la legittimità della bocciatura di uno studente di una scuola secondaria di secondo grado che, all’esito dei corsi di recupero estivi, confermava le gravi insufficienze già evidenziate alla chiusura dell’anno scolastico da parte del Consiglio di classe. Nella fattispecie, con la disamina attuale, l’autrice va ad analizzare una specifica situazione in cui il giudizio su uno studente viene rimandato a settembre per sostenere, poi, in seguito ad un corso di recupero attivato dalla stessa Istituzione scolastica o, in alternativa, allo studio autonomo da parte dello studente stesso, una prova che valuti il superamento delle criticità riscontrate nel corso dell’anno ed evidenziate nell’ultimo scrutinio dal Consiglio di classe.
Nella rassegna cinematografica Vincenzo Palermo ci propone tre film, il primo dei quali, Estranei di Andrew Haigh, fa riflettere sulla solitudine dell’uomo contemporaneo e sull’alienazione urbana, portando a galla le difficoltà sociali e di accettazione del proprio vissuto. Il secondo film, Perfect Days di Wim Wenders è un film nostalgico, capace di celebrare la ripetitività quotidianità come un valore assoluto nella frenetica e convulsa vita metropolitana. L’ultimo film, The Holdovers di Alexander Payne, è ambientato in un liceo americano durante le vacanze natalizie. Si raccontano le contraddizioni della società borghese americana sullo sfondo di una solitudine generazionale.
Giuliana Costantini ci propone tre libri tutti davvero interessanti. Il primo, di Lucrezia Lombardo, Berggasse 19. Una donna di nome Anna Freud, Ed. LesFlâneurs, 2024, propone la storia di una delle figlie di Sigmund Freud che si trova ad affrontare la morte della sorella e la malattia del padre. Un racconto privato della vita familiare del grande psicoanalista che inizia con una lettera che Anna scrive alla sua amica americana Dorothy Burlingham per manifestarle tutta la sua gelosia per la sorella Sophie, bellissima, biondissima e perfetta. Il secondo libro, Antenati: Lucy e altri racconti dal tempo profondo (intersezioni), Ed. Il Mulino, è un thriller “popolato” di personaggi lontanissimi dal presente, ma che riescono a sembrarci vivi, grazie anche alla professione di paleontologo dell’autore. Gli alieni che arrivano attraverso la “lettura” dei manoscritti rinvenuti, giungono a conclusioni piuttosto amare nei nostri confronti: avevamo scoperto le nostre origini e conosciuto la teoria dell’evoluzione, eppure “loro” arrivano alla conclusione che ci siamo distrutti, pur essendo in possesso di tutte le risorse e le potenzialità necessarie. Il terzo libro, di Tommaso Avati, La ballata delle anime inutili, Ed. Neri Pozza, narra di un decennio tra gli anni ’30 e ’40, ambientato in Puglia in un piccolo paese, San Nicandro, dove la popolazione si converte, sbagliando decisamente periodo, alla religione ebraica. Tra le varie storie narrate nel libro, quella di Sofia emerge per la sua trasformazione in qualcosa di essenziale, una sorta di riscatto del personaggio, un riscatto da colpe per reati mai commessi. È un fiorire della “diversità”, un affermarsi di ciò che appare minore, in importantissimi motivi per la vita.
E con questo, buona estate a tutti. X