Dalla società che cambia ci giunge la richiesta di un “insegnante counselor”
Giacomo Mondelli, Anna Maria Mossa
Il “cambiamento” che, senza soluzione di continuità, si propaga nella società contemporanea, di volta in volta definita complessa[1], globale, multiculturale, tecnologica e dell’informazione[2], ecc., sta modificando sotto i nostri occhi, se non proprio rivoluzionando, i modi di vivere, di relazionarsi, di lavorare, di apprendere e studiare della generalità degli individui ed in particolare dei soggetti più giovani e in formazione.
La società del e nel cambiamento
Il “cambiamento” che, senza soluzione di continuità, si propaga nella società contemporanea, di volta in volta definita complessa[1], globale, multiculturale, tecnologica e dell’informazione[2], ecc., sta modificando sotto i nostri occhi, se non proprio rivoluzionando, i modi di vivere, di relazionarsi, di lavorare, di apprendere e studiare della generalità degli individui ed in particolare dei soggetti più giovani e in formazione[3].
Il processo generalizzato di cambiamento non poteva, perciò, non interessare la famiglia, la scuola, la cultura, i mezzi di comunicazione e di formazione e, più in generale, la gran parte dei contesti di vita, di esperienza e di conoscenza delle donne e degli uomini. Però, occorre -a nostro avviso- sottolineare che il cambiamento e la stessa attuale configurazione della società globalizzata non possono essere considerati percorsi e processi di tipo unidirezionale ovvero generati esclusivamente dalla cosiddetta “società globalizzata” e imposti a contesti di vita, di relazione e di lavoro, oltre che agli individui tutti. Non è andata e non sta andando così.
Al contrario, infatti, questi stessi ambiti di esperienza delle donne e degli uomini, se è vero che sono stati pesantemente condizionati da essa, hanno essi stessi, da un lato, preparato il terreno agli stessi mutamenti avvenuti in quest’ultimo periodo e, dall’altro lato, proposto essi stessi ulteriori direzioni innovative di lavoro e di studio, modalità inedite e differenti di relazione e comunicazione, oltre che nuovi interessi e vocazioni rispetto al passato. E, perciò, hanno contribuito e stanno contribuendo a determinare il cambiamento medesimo e le forme mutanti che assume la stessa società contemporanea[4]. La quale, letteralmente, “si fa” proprio della quantità e qualità delle trasformazioni che avvengono in ogni settore, area, ambito, territorio e dalle conseguenze che ne derivano e che, senza soluzione di continuità, sviluppano e orientano ulteriori e sempre nuovi processi di trasformazione. Del resto, cos’è la “società”, in generale e quella contemporanea ancora di più, se non l’insieme complesso e articolato delle sue parti, le quali “determinandola” ne vengono, per molti versi, “determinati”?
E, allora, viene da chiedersi quali potrebbero essere le caratteristiche dell’insegnare e dell’insegnante oggi, considerando che, oltre alla scuola (parte attiva della stessa società in trasformazione), stanno cambiando anche i suoi “abitanti”, ossia gli alunni. I quali, oggi, non vanno considerati soltanto come “destinatari”, ma anche e sempre più “autori protagonisti” del loro processo di formazione).
Noi, con questo contributo, intendiamo, in primo luogo, aprire un principio di riflessione circa alcuni degli aspetti del processo di cambiamento che stanno interessando e sempre più, riteniamo, debbano interessare gli insegnanti per e nel rispondere alle sfide della società contemporanea. In secondo luogo, in linea con tali direzioni di cambiamento, intendiamo proporre una visione dell’insegnante che ci sembra sia particolarmente idonea a rappresentare emblematicamente il necessario e non più differibile percorso di riqualificazione della professione docente: l’insegnante counselor.
Il cambiamento degli/negli insegnanti
Oggi, pensare all’insegnante e al suo “mestiere”, significa, per noi, pensare a una “persona” e a un “professionista” dell’insegnare e dell’educare che deve, necessariamente, possedere alcune caratteristiche fondamentali. Di seguito, ne indichiamo alcune tra le più importanti e significative
1. In primo luogo, è necessario che, di fronte al fluire incessante di innovazioni, nella tempesta dei cambiamenti che quotidianamente infuria, al cospetto delle trasformazioni sostenute dalle correnti più forti (e sovente, al tempo stesso, deleterie per l’intera umanità, oltre che per i bambini e per i ragazzi) della società contemporanea, eglideve mantenere dritta la barra della sua missione educativa, a salvaguardia della crescita e della maturazione dei soggetti che sono affidati alla sua cura educativa e formativa.
2. In secondo luogo -e conseguentemente-, l’insegnante deve conoscere l’allievo sia sotto il profilo delle sue caratteristiche evolutive, culturali, comportamentali, relazionali e più prettamente cognitive, sia a riguardo delle modalità secondo le quali le esprime realmente nella globalità della sua persona e nella quotidianità delle sue esperienze di vita dentro e fuori la scuolala scuola[5].
3. Inoltre, deve conoscere la società contemporanea allo scopo sia di contrastarne le conseguenze più nefaste sia di sfruttarne le opportunità che gli offre per e nello svolgimento della sua opera formativa e a vantaggio di tutti gli alunni e di ciascuno di loro. Pertanto, per meglio adempiere al compito educativo e di istruzione che la sua missione gli richiede, non può né dichiararsi “fuori” dalla stessa società contemporanea (e rimanere nella sua torre d’avorio) e neanche omologare passivamente le sue modalità di intervento ad essa
4. Ancora: ogni docente, al tempo del cambiamento continuo, dell’innovazione quasi compulsiva e anche del senso di incertezza che ne deriva, deve adottare una visione della sua professione orientata alla flessibilità educativa, didattica e organizzativa.
5. Nel farlo, secondo noi, deve tener conto della grande pluralità culturale dei soggetti in formazione, della loro costitutiva diversità personale e della loro variabilità sia evolutiva, sia personale e nel tempo, sia in relazione alle circostanze e ai contesti di esperienza che si trovano a vivere.
6. Infine e per meglio attuare i propositi espressi nei punti precedenti, occorre che l’insegnante, per così dire, “si consegni” a una concezione non deterministica e aperta all’indeterminazione e all’incertezza sia per quanto concerne la conoscenza in generale e le occasioni specifiche nelle quali si persegue nell’ambito scolastico, sia a riguardo delle medesime esperienze di vita che ci coinvolgono ogni giorno.
Con il “”conseling” perseguiamo una nuova missione educativa
Considerando, da un lato, le trasformazioni che stanno modificando continuamente interessi, sensibilità, interessi, desideri e passioni degli individui (e, soprattutto, di quelli più giovani, come i bambini e i ragazzi) e, dall’altro lato, le corrispondenti e inedite consapevolezze psicopedagogiche dei docenti che vanno trasformandosi lungo la medesima direzione, si va diffondendo la convinzione di dover perseguire una nuova “missione” educativa: trovare la via più agevole per accedere al mondo interiore dell’alunno per aiutarlo ad esprimere i suoi desideri, le sue aspirazioni e suoi bisogni.
Un’intenzione educativa, questa, che non può che essere realizzata attraverso il contributo che l’insegnante riesce a fornirgli nel fargli scoprire le risorse che possiede e quelle che tali diventeranno proprio sostenendolo e guidandolo nella sua personale partecipazione al gioco e alle sfide della conoscenza. Ed è proprio per questa ragione che, a nostro parere, ogni insegnante (di posto comune o di sostegno) deve diventare insegnante counselor. Argomentiamo meglio tale necessità partendo dal primo passo da compiere per iniziare un simile percorso ovvero, portare all’interno della scuola le idee, i pensieri, le suggestioni dello studioso che è considerato uno dei padri fondatori del “counseling”[6],C. R. Rogers. Per questo psicologo e psicoterapeuta, <<…la vita è sacra e tutti hanno il diritto di godere di una vita sana e di poter realizzare i propri talenti. Il counselor, il docente facilitatore affiancherà il cliente o l’alunno nella ricerca delle sue infinite risorse, bisogni, desideri e realizzare la propria felicità>>. In questa affermazione, troviamo, per così dire, sia il senso ultimo e primo del “counseling”, sia l’itinerario psicologico, psicoterapico e, per noi, soprattutto, educativo che dovrebbe promuovere il “counselor”. E, quindi, secondo il nostro punto di vista l’”insegnante counselor”. Ovvero, ogni docente.
Rogers, padre -anche-della psicologia umanistica e dell’approccio non direttivo nell’educazione[7],parte dal presupposto che ogni bambino e ogni essere umano nutre il desiderio di realizzarsi pienamente con sé stesso e il mondo che lo circonda ed è, potenzialmente, capace di autoregolamentarsi. Al centro di questo processo c’è il Sé che si può autoregolare in base ai propri principi e valori. Ma, nello sviluppo di questo procedimento, si deve anche prendere in considerazione il ruolo dell’ambiente sociale che può influenzare la vita dell’individuo sia in positivo che negativo.
Lo studioso, nella sua opera “La libertà nell’apprendimento”, distingue due tipi di apprendimento: l’apprendimento dal collo in su e l’apprendimento significativo. Il primo è un apprendimento indotto dall’esterno, il secondo, invece, nasce dalle proprie esperienze vitali, propensioni e dalle proprie motivazioni, desideri ed emozioni. Ed è quest’ultimo il tipo di apprendimento che, secondo Rogers, va perseguito e promosso. Allo scopo, occorre promuovere nel bambino le sue capacità di autoregolazione, di automotivazione e di autovalutazione. Proprio per questa ragione, la pedagogia di Rogers è definita nondirettiva. Essa, infatti, si basa sugli interessi e sui bisogni del bambino e non impone regole e comportamenti dall’esterno (ossia da parte del docente).
Partendo da queste convinzioni, egli ritiene che si debba ristrutturare il ruolo dell’insegnante: questo, nello svolgere la sua professione e, meglio nel fare il suo mestiere, deve essere e dimostrarsi un insegnante-facilitatore. Non deve, perciò, imporre nulla, né svolgere lezioni regolari (nel senso di pianificate, progettate, organizzate preventivamente) e neanche, tantomeno, valutare gli alunni. Saranno, invece, questi ad autovalutarsi. Inoltre, l’insegnante, in classe, si deve sentire e porre sullo stesso piano degli alunni, soprattutto, nel senso, che, come loro, potrà esprimere le proprie emozioni (positive e negative), i personali sentimenti come le sensazioni che avverte. Infine, deve provare a essere empatico, a non esprimere giudizi e ad aiutare gli alunni nello studio e nelle ricerche soltanto se e quando gli viene richiesto.
Per (provare a) mettere in atto tali intendimenti e, perciò, impegnarsi nel realizzare -in sé e a favore dell’allievo-lo sviluppo di una simile condizione affettiva e relazionale finalizzata alla suddetta ristrutturazione del mestiere del docente, l’insegnante facilitatore deve:
- da una parte, deve essere in grado di stabilire un clima adeguatamente favorevole, organizzare il materiale per lo studio, la ricerca e l’approfondimento degli argomenti che dovranno essere scelti liberamente dagli alunni
-dall’altra parte, in prima persona, è chiamato a portare e ad esprimere, all’interno delle attività didattiche, le sue emozioni, i suoi sentimenti, predisponendosi all’ascolto attivo, al non giudizio e alla comunicazione assertiva.
Il counseling, anche a scuola, è, soprattutto, <<relazione di aiuto>>
Come abbiamo già scritto, il counseling vuol dire rispetto, accettazione incondizionata, ascolto attivo, empatia nei confronti del cliente e, per noi, anche del bambino e dello studente. Tutto ciò trasforma il rapporto tra psicologo e paziente e quello tra insegnante e alunno in una effettiva “relazione di aiuto”, all’interno della quale, è importante raggiungere gli obiettivi di miglioramento (previsti, ma anche non previsti), sapendosi assumere le responsabilità delle proprie scelte e portarle avanti. Volendo, ora, elencare alcune delle più significative articolazioni educative della relazione di aiuto tessuta all’interno dei diversi contesti scolastici, potremmo affermare che, sostanzialmente, l’insegnante counselor deve aiutare l’alunno a:
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Fare in modo che sperimenti nuovi percorsi di apprendimento che siano a lui confacenti, idonei alla sua inclinazione e al suo vissuto, al suo ambiente e alle proprie passioni
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Saper riconoscere il suo canale percettivo, sensoriale, motorio preferito (visivo, uditivo, cinestetico, tattile, ecc.)
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Aiutarlo e sostenerlo nelle attività di studio, di ricerca e di gioco, nell’accettazione consapevole del suo percorso formativo, nello sviluppo delle motivazioni necessarie a perseguirlo e a ottenere risultati sempre più elevati in termini di acquisizione personale di conoscenze, abilità e competenze
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Spronarlo ad essere attore e non spettatore della sua formazione e dell’acquisizione e consolidamento dei suoi apprendimenti.
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Aiutarlo a riconoscere le proprie risorse, a utilizzarle in maniera sempre più consapevole e adeguata in riferimento, da un lato, alle specifiche situazioni di studio, di comportamento e di relazione e, dall’altro lato, alla più realizzare i suoi desideri e dei suoi sogni.
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Incoraggiarlo a coltivare relazioni autentiche, dove non c’è la manipolazione.
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Rinforzare la fiducia nelle proprie capacità, nell’autostima, nell’autonomia, e nel benessere psico-fisico-relazionale.
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In conclusione e considerando, in particolare, insieme alle forme di sostegno affettivo/emotivo/relazionale che l’insegnante counselor è chiamato a predisporre e promuovere, le stesse finalità educative e formative che le giustificano e richiedono, si sta facendo strada dentro di noi la convinzione che l’insegnante counselor è e deve essere anche, se non soprattutto, un insegnante metacognitivo.
Ed è proprio riflettendo e ragionando su questo incrocio che intendiamo lavorare per realizzare (e fornirvi) uno dei prossimi contributi.
[1]M. Ceruti, F, Bellusci, Abitare la complessità, Mimesis, Milano, 2020.
[2]D. De Kerckove, D. Ciccarese, Siamo uomini o digitali?, Castelvecchi, Roma, 2022.
[3]Al riguardo, consigliamo la lettura di due volumi. Con il primo vengono esplorate le caratteristiche evolutive dei bambini e dei ragazzi, con il secondo, individuate alcuni aspetti problematici dell’esperienza di vita, relazione e studio degli adolescenti: A. Boscolo, Psicologia dell’apprendimento scolastico, UTET, Torino, 1998; M. Ammaniti, I paradossi degli adolescenti, Cortina, Milano, 2024.
[4]G. Mondelli, Dirigere la scuola al tempo della globalizzazione, Anicia, Roma, 2012.
[5]G. A. Mondelli, V. Venuti, Riformiamo la scuola. Guardando dalla parte dei bambini e dei ragazzi, Euroedizioni, Torino, 2023.
[6]R. May, L’arte del counseling, Astrolabio Ubaldini, Roma, 2009.
[7]Qui, segnaliamo, alcune delle sue opere più importanti: C. Rogers, La terapia centrata sul cliente, Giunti, Firenze, 2013 (nuova edizione); C. Rogers, Psicoterapia e relazioni umane, Boringhieri, Torino, 1970; C. Rogers, Libertà dell’apprendimento, Giunti, Firenze, 1980 (ultima edizione).