È la svolta “legge e disciplina”?
Editoriale a cura di Vittorio Venuti
L’immagine della scuola, che si profila sempre più chiaramente, è quella di un’istituzione perennemente sotto assedio, così esposta com’è a progetti di riforma, modifiche, aggiustamenti quasi sempre dettati da repentini “cambi di campo”, quindi disconnessi da una visione organica del “sistema”, quand’anche si intercettino buone intuizioni, presi come si è da pressioni ideologiche che, seppur comprensibili, fanno passare in secondo piano il senso del confronto e della concertazione, due aspetti chiave attorno ai quali si definiscono il senso stesso della scuola e la sua capacità di innovarsi in ragione di una costante disamina del suo rapporto con la contemporaneità interna ed esterna, La scuola non può avere fretta, ma deve essere messa in condizione di agire presto e bene, considerando che su di essa si riversano le incongruenze sociali, economiche, politiche e culturali di una società in cui il vivere si è fatto sempre più precario e complicato, asservito e strumentalizzato. In un quadro del genere, certamente la scuola ha bisogno di essere compresa e valorizzata come punto fermo al quale guardare con rinnovata fiducia, quale ambiente da cui i giovani devono imparare a trarre il sé ed meglio da sé, per sé, per l’indefinito “altro” e per la comunità.
Non abbiamo dubbi sul fatto che le recenti esternazioni del Ministro Valditara siano dettate da un sincero interesse per la scuola e le accogliamo come principio di una riconsiderazione delle dinamiche gestionali che mirino a restituire credibilità all’istituzione e rispettabilità agli insegnanti e a quanti in essa operano. Il problema è, semmai, come si possano spurgare alcune prese di posizione ideologiche per renderle sostanzialmente educative e non soprattutto punitive. In questo preciso momento storico, una riflessione in merito va fatta sull’enfasi che ha accompagnato i deliberati provvedimenti disciplinari in carico agli studenti che si rendano responsabili di gravi comportamenti. Per lo specifico, sull’onda delle violenze in classe contro i professori, rese eclatanti dall’informazione generalista, con il decreto approvato nel Consiglio dei ministri dello scorso 18 settembre si è rispolverato il voto in condotta (abolito dalla ministra Fedeli nel 2017) alle secondarie di primo e secondo grado.
Leggiamo che: un 5, assegnato per violenze e per ripetute violazioni del regolamento d’istituto, può portare alla bocciatura; col 6 si verrebbe rimandati a settembre in educazione civica e, se sospesi, si dovrà riflettere sulla propria condotta oppure si sarà impegnati in lavori socialmente utili. Esemplare il punto di vista del Ministro su questo aspetto,come espresso nell’intervista pubblicata sul quotidiano “La Repubblica” del 17 settembre: “Chi compie un atto di bullismo o una violazione non sarà allontanato perché è proprio lui ad aver bisogno di più scuola. Dunque, se un ragazzo, ad esempio, offende un compagno per il colore della pelle e viene sospeso per uno o due giorni farà approfondimenti sul razzismo e un elaborato finale per dimostrare che ha capito. I sospesi per tre giorni o più faranno attività di cittadinanza solidale in ospedali, mense per poveri, case per anziani”.
Per chi deve affrontare l’esame di Stato, il voto in condotta avrà ripercussioni sul profitto, per cui solo chi avrà 9 o 10 potrà avere il massimo dei crediti scolastici, che contribuiranno a far media per il voto finale. Nelle scuole secondarie di I grado si ripristina la valutazione del comportamento, che sarà espressa in decimi e farà media, modificando così la riforma del 2017.
Ecco, sembra che ci sia un decisionismo che penda prevalentemente sul versante punitivo più che non su quello educativo, stante lo scarso effetto che la punizione ha, in genere, sulle modificazioni del comportamento, specie quando all’origine si registrano situazioni familiari e stili di vita culturalmente compromessi, inadeguati o deprivati. Si intravvede una deriva simile (l’inasprirsi dei provvedimenti punitivi)nel cosiddetto Decreto Caivano, che, rilevando l’alto tasso di elusione o evasione scolastica del territorio, prevede che il genitore, o chi esercita la responsabilità genitoriale, possa essere soggetto a reclusione rispettivamente fino a 2 anni per l’evasione e fino a 1 anno per l’elusione. Anche in questo caso ci sembra che non si tenga conto della situazione di degrado culturale che origina la disattenzione verso la scuola e si privilegi la minaccia rispetto all’educazione. Caivano, peraltro, è la testimonianza dell’estrema carenza del senso di comunità del territorio, complice l’assenza pressoché totale delle istituzioni, aggravata dal fatto che si tratta di un territorio ad alto tasso delinquenziale.
Alquanto singolare, ma molto significativa per i risvolti che potrà avere per la scuola, la dichiarazione fatta dal Ministro al convegno di Pontida: “Dobbiamo riportare nella società valori, buon senso e serietà per evitare che il nostro Paese vada allo sfascio: la scuola è un elemento decisivo. Oggi viviamo ancora i postumi della rivoluzione del ’68 e più in generale di quelle correnti di pensiero che l’hanno preceduta e seguita: rifiuto del concetto di autorità, egualitarismo, rifiuto delle differenze, rifiuto della competizione, teoria della liberazione cioè niente doveri e niente obblighi, solo diritti ovunque, rifiuto di una concezione del lavoro come momento di crescita personale, rifiuto dell’etica della responsabilità. Sono mali ancora ben vivi nell’Italia di oggi”.
Ma non meno significativa è la dichiarazione che si legge nell’intervista succitata, dopo aver spiegato di aver introdotto l’obbligo per i docenti neoassunti di restare sulla stessa cattedra per tre anni: “La mia idea di scuola è costituzionale, con lo studente al centro: sembra normale ma è rivoluzionario”.
Gli articoli di questo numero:
Pasquale Annese Invita a riflettere su “PNRR: l’affidamento diretto nel regime transitorio tra vecchio e nuovo codice dei contratti”, evidenziando come questo diventi, per alcune tipologie di acquisti sotto la soglia, la modalità standard da utilizzare da parte dell’operatore economico, secondo l’art. 50, comma 1 del D.Lgs 31 marzo 2023, n. 36, che precisa le modalità per l’affidamento diretto per lavori di importo inferiore a 150.000 euro e l’affidamento diretto dei servizi e forniture di importo inferiore a 140.000 euro. L’articolo è corredato da uno schema di confronto dell’affidamento tra il vecchio e il nuovo codice.
Tullio Faia propone “Scuola e comunicazione”, concentrandosi sull’importanza che la scuola sappia valorizzare l’accoglienza quale primo momento di conoscenza, di confronto, di scambio di individuazione dei reciproci diritti e doveri, nonché giusta occasione per condividere il Patto educativo di corresponsabilità. Importante occasione di ascolto empatico dei bisogni e delle aspettative, espresse ed inespresse, degli studenti e delle loro famiglie, come anche degli insegnanti e del personale ATA, intercetta una tematica da considerare opportunamente e curare diligentemente.
Stefano Stefanel tratta su “L’intelligenza artificiale e la scuola”, argomento interessante quanto delicato, che ha fatto la sua irruzione anche nel mondo della scuola creando un ulteriore elemento di tensione nel suo rapporto con la realtà contemporanea. L’ingresso inatteso dell’IA in campo umanistico ha reso indifferibile la necessità per le scuole di affrontare in forma organizzata questa grande novità, destinata ad avere un impatto crescente sulla produzione dei testi, sulla risoluzione di problemi, sulle analisi di sistema. In questo momento storico, alla scuola si chiede di attrezzarsi per capire e governare il fenomeno, comprendendo da subito come sia inutile e deleterio contrastarlo.
Michela Lella, in “Tra passato, presente e futuro vince ancora la passione pedagogica” riflette sulla relazione educativa, che, oggi, risente degli aspetti negativi del nostro tempo ed è diventata quasi standardizzata, in qualche modo ostaggio del ritmo frenetico della vita che conduciamo e che ha contribuito a tralasciare il compito educativo. Il che induce la scuola a farsi carico di una importante missione educativa: aver cura dello sviluppo umano integrale educando alle relazioni sane e positive e favorendo l’acquisizione dei comportamenti civici ed etici adatti per una buona vita sociale.
Gianluca Dradi, in linea con il tema già trattato del divieto di nuocere al prestigio della Pubblica Amministrazione, espone “Le modifiche al codice di comportamento: una riforma necessaria ed adeguata?”. Le principali novità sono costituite dall’art. 11-bis, nel quale si tratta dell’ “Utilizzo delle tecnologie informatiche”, e dell’art. 11-ter, “utilizzo dei mezzi di informazione e dei social media”. Di rilievo appare il parere consultivo del Consiglio di Stato, che ha evidenziato diverse perplessità, tra le quali la necessità di introdurre restrizioni e limitazioni all’uso dei mezzi informatici, che sono comunque funzionali anche alla manifestazione del pensiero.
Filippo Sturaro propone alla lettura le “Nuove linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio delle alunne e degli alunni adottati”, trasmesse con nota n. 1859 dell’11 aprile 2023, e che, di fatto, costituiscono la revisione e l’aggiornamento delle precedenti linee di indirizzo del 2014. Pur avendo mantenuto la loro validità, le Linee di indirizzo del 2014 richiedevano una revisione complessiva dovuta ad una molteplicità di variabili che hanno caratterizzato l’ultimo decennio e che sollecitano risposte istituzionali maggiormente aderenti ai contesti attuali.
Vittorio Venuti, per Appunti di Psicologia, espone “I 5 postulati di R. Feuerstein a fondamento della professionalità dei docenti”, cinque affermazioni che costituiscono il dinamismo e la forza della teoria della modificabilità cognitiva strutturale elaborata dallo studioso e che vengono poste come significativo test per verificare la disponibilità professionale degli insegnanti ad operare con soggetti disabili e non: 1. Gli esseri umani sono modificabili; 2. L’individuo che sto educando è modificabile; 3. Io sono in grado di modificare l’individuo; 4. Io stesso sono una persona che può - e deve - essere modificata; 5. La società - come l’opinione pubblica - è modificabile e deve essere modificata.
Stefano Callà, per La scuola nella giurisprudenza, tratta di “Invalidità della sospensione cautelare dal servizio personale docente”, riferendo in merito al pronunciamento del Tribunale di Bologna che ha annullamento il provvedimento di sospensione cautelare impartito dall’u.p.d. a un docente per presunti maltrattamenti di un alunno denunciati dai genitori. Nel caso in questione, la docente non era stata rinviata a giudizio al momento dell’adozione nei suoi confronti della misura della sospensione cautelare.
Mario Di Mauro, per La Scuola in Europa, interviene con “Educazione e Istruzione, in cosa uguali in cosa diverse in Europa”. Si evidenzia il crescente interesse degli studiosi nel coniugare “educazione” e “istruzione”, due aspetti confinanti di una medesima relazione condizionata da un riduzionismo spesso tanto rischioso quanto frequente. In realtà si tratta di prospettive distinte quantunque convergenti. Curioso come l’attività di ogni modo di studiare alla fine possa essere incentivata da una stessa relazione pur diversamente declinata e denominata.
Valentino Donà, per Sportello Assicurativo, pone il caso di un istituto che ha organizzato un servizio di Pet Therapy finalizzato a migliorare le diverse condizioni di difficoltà di comunicazione degli alunni diversamente abili o svantaggiati per condizioni economiche e sociali, analizzando il profilo della copertura assicurativa in caso di infortunio. X