In arrivo una nuova uscita di Euroedizioni Torino su www.e-euroedizioni.it
Si tratta del nuovo libro dal titolo:
Riformiamo la scuola - Guardando dalla parte dei bambini e dei ragazzi
L’opera è l’esito della collaborazione e del confronto assiduo e prolungato degli autori: Vittorio Venuti e Giacomo Mondelli.
Prefazione
Vi sono tanti spunti di riflessione nel testo di Giacomo A. Mondelli e Vittorio Venuti, cominciando dal titolo stesso dato all’opera: Riformare la scuola “guardando dalla parte dei bambini e dei ragazzi”, e dunque volendo sottolineare la presa di distanza da azioni riformatrici “calate dall’alto”. Ma la scuola è riformabile? E ancora: di fronte alle tante tragedie odierne, ha senso ancora parlare di educazione, di organizzazione scolastica, di metodologia, di didattica? Domande che possono sembrare retoriche: in fondo l’educazione (da educĕre, trarre fuori, condurre, allevare) è ontologicamente positiva perché è proiettata al futuro, a immaginare qualcosa che ancora non c’è. Eppure quelle domande, che costituiscono il filo conduttore della presente opera, hanno ancora senso perché ci danno l’idea di quanto oggi la scuola sia attraversata da motivi di incertezze, dubbi. Se da una parte è fortemente sentita l’esigenza di fornire ai giovani i necessari strumenti per interpretare criticamente la complessa realtà odierna ed inserirsi attivamente nella vita del proprio tempo, oltre che rendere per quanto possibile stabilizzati i risultati raggiunti dall’insegnamento anche dopo la conclusione degli studi scolastici, dall’altra vi è la necessità di ridefinire l’identità culturale e il ruolo educativo svolto dalle istituzioni scolastiche in un’epoca in cui la scuola non appare più la sola agenzia in grado di promuove la conoscenza e l’apprendimento. Si tratta quindi di ripuntualizzare (e riqualificare) lo specifico ruolo svolto dalla scuola sul piano dell’apprendimento ed aggiornare le strategie metodologiche e formative, anche tenendo conto della grande pervasività che oggi hanno assunto i dispositivi digitali e più in generale del carattere complesso, globalizzato econoscitivo del nostro mondo.
Naturalmente, il problema della ricalibratura del ruolo e delle strategie della scuola è una questione non solo italiana, ma investe tutti i Paesi industrializzati. In questi anni vi è stata una crescita esponenziale dell’insieme delle conoscenze e la scuola è sempre più stata oberata di attese e richieste che hanno finito con l’ampliare a dismisura i curricula scolastici. D’altro canto il processo di globalizzazione ha investito non solo il mondo economico-produttivo ma anche quello culturale e dell’informazione. Una delle conseguenze (unitamente ad altri fattori di natura sociale) è la mobilità di intere popolazioni dai Paesi di origine verso condizioni migliori di vita. Tutto ciò determina “contaminazioni” di tipo culturale e sociale che si ripercuotono necessariamente sui processi di acculturazione per tutte le persone che condividono un medesimo territorio. Un ulteriore aspetto – costantemente richiamato dagli autori della presente opera – è l’espansione dei linguaggi mass-mediali e, più in generale, l’inarrestabile sviluppo tecnologico e digitale, che caratterizza sempre più fortemente l’epoca della modernità e che si ripercuote non solo sulla vita quotidiana di ogni persona, ma anche sulle stesse forme dell’apprendimento e dell’organizzazione e fruizione delle conoscenze.
Il sistema scolastico italiano, pur avendo tentato di abbandonare la tradizionale dimensione elitaria dell’accesso alla conoscenza per approdare a sponde caratterizzate dalla democratizzazione degli studi e dall’espansione dei tassi di frequenza in tutti i gradi scolastici, mostra ancora molte criticità su questo versante e ne è la prova l’alta percentuale della dispersione scolastica (soprattutto tra le fasce più disagiate della popolazione) che ci fa capire che vi è ancora molto lavoro da fare per conseguire risultati significativi e comparabili a quelli degli altri Paesi UE.
Non mancano ovviamente esperienze in cui la scuola si caratterizza come un ambiente idoneo a favorire l’apprendimento, soprattutto laddove viene abbandonato il tradizionale paradigma che vede l’insegnamento centrato sulla successione di lezione / studio individuale / interrogazione / valutazione, per abbracciare nuove forme metodologico-didattiche capaci di valorizzare il protagonismo degli studenti e di mobilitare tanto gli aspetti cognitivi quanto quelli affettivi e relazionali, come mettono bene in evidenza gli autori del volume. Per fare questo occorre abbandonare il mito enciclopedistico, puntando invece sull’insegnamento di poche cose fondamentali e irrinunciabili, fatte bene, piuttosto che molte cose fatte male e superficialmente, anche tenendo conto di quella “gerarchia degli apprendimenti” richiamata dagli autori. In questo quadro le discipline di studio vanno intese come campi di significato per leggere la realtà. In tale quadro, l’elaborazione del curricolo esige la necessità di operare scelte e selezioni, ben sapendo che alcune opzioni ne escludono altre; d’altro canto questo è il senso dell’autonomia scolastica, e delle stesse Indicazioni Nazionali. Ciò comporta una forte responsabilizzazione dei docenti, chiamati a interpretare e sviluppare in sede locale gli indirizzi curricolari nazionali.
Il riferimento alla scuola come ambiente di apprendimento richiama un’idea di scuola impegnata a far nascere il gusto verso la scoperta e la conoscenza; una scuola attenta alle dimensioni della manualità e dell’operatività, nella consapevolezza che esse costituiscono le basi per sviluppare le dimensioni più astratte e formali. In sostanza questo significa creare, per quanto possibile, contesti didattici all’interno dei quali apprendere sia esperienza piacevole e gratificante.
Tutto ciò è possibile se si guarda la scuola “dalla parte dei bambini e dei ragazzi”, come acutamente notano gli autori. Richiamando la lezione di Postman, infatti, sul piano della conoscenza si assiste a una vera e propria rivoluzione in quanto i bambini e i giovani partecipano oggi ad un universo di conoscenze che fino a ieri era riservato al solo mondo adulto. Bambini e giovani infatti vengono a conoscenza di eventi e forme comportamentali i più diversi, senza cesure generazionali, attraverso i mass media e i dispositivi digitali. Questa mancanza di separatezza tra mondo adulto e mondo infantile/giovanile consente di entrare precocemente a contatto con i “segreti” del mondo degli adulti determinando una sorta di precoce adultizzazione del mondo giovanile. Ma nel contempo si assiste ad un arretramento dell'aspetto operativo e fantastico della conoscenza, in quanto il bambino odierno è sempre più un bambino sedentario e contemplativo, che guarda, ascolta, ma non manipola (se non i dispositivi digitali) e non esplora in prima persona. È un bambino che vive in un universo virtuale; ciò rischia di determinare una conoscenza senza esperienza, paradossalmente in una situazione caratterizzata da un numero eccessivo e variegato di stimoli, come sottolineano gli autori. La realtà è da guardare più che da agire; manca la fisicità nella conoscenza. La scuola spesso non corregge questa tendenza, anzi tende a far appropriare in fretta ai bambini gli schemi conoscitivi dell'adulto, ad esempio quando si pone come scuola fortemente cognitiva e istruttiva, quando non bada tanto ai bisogni dei bambini quanto alle esigenze della società e della cultura. È per questo che la nozione di esperienza è fondamentale nella didattica della scuola, in quanto solo in questo modo si può recuperare la fisicità, tattilità e corporeità della conoscenza, presupposti indispensabili per un approccio euristico.
Tornando alla domanda inziale: la scuola è riformabile? Non voglio dare la risposta per non togliere al lettore il gusto di arrivare in fondo al volume per sapere cosa ne pensano gli autori. Dirò che l’educazione è sempre un azzardo, perché non si sa mai in anticipo quello che succederà, malgrado tutte le nostre alchimie progettuali. Diceva il cardinale Carlo Maria Martini: “Educare è come seminare: il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto.” Quindi, vale la pena tentare.
Mario Maviglia
Già Coordinatore dei Dirigenti Tecnici USR Lombardia
e Dirigente dell’UST di Brescia